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Padre Sergio già è un'icona in Camerun

Per dare un senso solidale e vero alla festa della Repubblica, parlo di un grande italiano!

Buon 2 giugno a tutti!

Solo chiacchiere e clandestini! Siamo solo questo. In questi giorni tutta Italia parla del fenomeno dei migranti dall’Africa. Di quanti ne parlano, penso che nel continente nero (paraponziponzipo) ce ne siano stati al massimo in 3 o 4, perché altrimenti, sono arrivati lì tutti con gli occhi bendati e le orecchie tappate.

Ci sono stato per un periodo di venti giorni, (e per questo non smetterò mai di ringraziare chi me ne ha dato l’opportunità) poco per far qualcosa, ma abbastanza per rendersi conto di una cosa essenziale, cioè che non è vero che nessuno faccia niente per il continente africano. Viste le boiate di questi giorni in tv, dove tutti parlano in maniera più o meno razzista o spesso più interessata che per solidarietà, a moltissimi sfugge l’opera dei frati e delle suore. Lo dico da laico e da discreto peccatore, ma confermo e sottolineo che le opere migliori, i ponti culturali, la solidarietà la fanno, sottolineo frati e suore! Penso che in generale nel continente si faccia troppo e si faccia troppo male. Si parla sempre di chi fugge perché il problema ci riguarda da vicino, perché arrivano in Italia, e ci invadono. Quando scatta lo scandalo dei membri di ONG coinvolte nelle attraversate clandestine si apre il vaso di Pandora, sempre con le mezze verità a mezzo stampa e riaffiorano gli interessi e da bravi burattini, ricominciano con il teatro delle mezze verità.

Nel maggio del 2015 per circa 20 giorni sono stato ospite a Yaoundè la capitale del Camerun di Padre Sergio Ianeselli e della sua opera quarantennale di missione in quelle zone. In quanti sanno della sua opera quarantennale? Quanti talk show con Salvini, Renzi e compagnia dobbiamo vedere come zombie senza dire una parola di chi ha costruito il ponte più solido per quella cultura nativa, Padre Sergio ha tradotto la lingua Bulu in francese e poi in italiano e ne ha scritto un vocabolario per primo. Lo scambio può avvenire non imponendo una lingua nazionale ma comprendendo le esigenze dei popoli che c’erano prima di noi occidentali. In quanti partono da questi esempi per capire i motivi di queste nuove forme di colonialismi? Come fermiamo i processi di invasione di questi popoli se non capiamo i motivi che li portano da noi? Chi ce li spiega i motivi? Salvini? Renzi? Grillo?

Posso affermare con certezza da quanto ho visto e non me ne frega se mi credete o no, quanti istituti scolastici, collegi e strutture di servizio sanitario in quarantanni l’opera di questo frate ha potuto tirare su in questi luoghi. Padre Sergio Ianeselli dovrebbe essere un orgoglio italiano ed invece non sta nemmeno in un trafiletto di Wikipedia. Un trentinoDOC che, per primo ha aperto le porte alla comprensione lessicale con i nativi, col rispetto e la caparbietà proprie delle sue origini. Il linguaggio è la prima forma di confronto fra gli uomini. Tutto questo non passa nei media tradizionali, allora vediamo se internet funziona, chiedo di farmi aiutare da voi, pochi o tanti che mi leggete a far passare questo messaggio di cose fatte con un senso.

Un modo reale per sostenere la cooperazione internazionale e invertire la rotta degli interessi di comodo di chi fino ad ora si spartisce la torta delle materie prime e ci fa digerire le notizie che vuole, in qualche caso con la collaborazione di pezzi deviati della solidarietà internazionale. Esistono realtà come Promhandicam (link al sito) dove potete informarvi, diretta dello stesso “mon Père Sergio Ianeselli”, Agape, oppure le altre piccole realtà italiane come Agape onlus (link al sito) o spagnole che ho avuto modo di vedere e che sono direttamente coinvolte nell’opera missionaria.

Un gruppo di persone che vogliono dare una mano cooperando e non invadendo. Lo stesso Padre Sergio due anni fa mi disse a lungo che sarebbe opportuno avere imprenditori che potessero portare investimenti in Africa invece che togliere solo materie prime.

Nell’Africa centrale c’è bisogno di una regolamentazione reale della libertà personale, esiste in Camerun il divieto di fare foto in pubblico per la paura di mostrare i livelli di arretratezza per cui a mio avviso, anche il governo francese non è privo di responsabilità nel caso specifico.

Siamo stati bersagliati per due anni dalla questione dell’olio di palma quando nessuno e dico nessuno abbia mai tirato in ballo lo scempio che si sta verificando con immensi pezzi di foresta madre che viene sostituita dalla palma per rimboschimento, perché il legname dei baobab o il teak sono un business primario. In Italia il dibattito è sul prendiamoceli o mandiamoli a casa, quando invece dovrebbe essere sullo scegliere fra chi aiuta a costruire motivi per far restare le popolazioni native in Africa e chi fa lo sciacallo continuando a fare il contrario. Abbiamo ancora,orgogli nazionali che sono principalmente persone con una missione sincera in terra d’Africa, abbiamo, chi può farci sentire ancora orgogliosi di essere Italiani, al di la del credo religioso, e ve lo dice uno che non è un devoto, e quindi non sono di parte. Diamo voce in patria a questi esempi positivi oggi che ne è la festa o quel che ne rimane.

Facciamo in modo di dare un futuro a quelle terre continuamente svuotate dall’egoismo occidentale post moderno.

Non va in tivvù “Le Mon Père” come lo chiamano in Camerun, lui ha debellato la lebbra in Camerun, ma non fa comodo a nessun manager della cooperazione internazionale dare spazio a chi della propria vita ha fatto una missione sociale ancor prima che religiosa.

Lui sta con le sue scuole dei villaggi Pigmei del sud del Camerun, sta nella sua Yaoundé quasi in periferia, in un luogo che attualmente sta prendendo una veloce espansione urbana, per quanto in quelle zone il concetto di urbanizzazione sia da prendere con le pinze. Padre Sergio l’amministra, col voto di povertà dei Frati! Sta li a curare e sconfiggere la lebbra, la poliomelite, portare riso e penicilina a quei villaggi contaminati per la fame di materie prime dei mercenari d’occidente. Chi li aiuta? Io ho visto solo lui e pochi altri come lui, suor Christine Messomo dell’orfanotrofio di Sangmelima, Frate Thaddeus della struttura per sordomuti di Ebolowa che ti aprono il cuore con quegli sguardi, che ti urlano che la vita si costruisce comunque e deve essere un diritto per tutti, non una nuova tratta degli schiavi dell’era moderna.

Quindi non è vero che non esistono gli aiuti a casa loro, ci sono e vanno potenziati a discapito dei farabutti che invece, adesso paradossalmente assorbono la comunicazione di riflesso magari anche dagli scandali. Nono sono molti quelli come Padre Sergio ma ci sono e vanno sostenuti.  Allora mi domando perché questi scandali, perché mercifichiamo anche la sofferenza totale, soprattutto perché parlare di sbarchi e parti di grandi ONG corrotte per poi fregarcene completamente quando si racconta una storia esemplare?

Fate girare e soprattutto informatevi e aiutate chi se lo merita.

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4 Responses

  1. Per molto tempo ho considerato i missionari l’esempio più fulgido della parola e l’esempio di Cristo. Mi dispiace soltanto che le missioni vivano spesso con scarsi mezzi, mentre grosse somme destinate pure all’emergenza – e a scopi umanitari in genere – vengano spesso distratte o dirottate verso ong di cui, personalmente, conosco poco il discusso impegno e il discusso utilizzo del denaro.

    Onore a chiunque opera in prima persona in questi luoghi, rimboccandosi le maniche e portando in tributo la propria attività e tutto il tempo della propria vita.

    • Infatti, se lo meriterebbero… almeno l’onore quando ci sono ONG con direttori che lasciamo perdere….sono sempre le persone ad occuparsi delle cose, rendendole buone o cattive…

  2. Ho fatto un’esperienza simile a Nairobi, dove un gruppo di suore gestisce una missione. Ho ritrovato nelle tue parole tutti i miei pensieri e le mie sensazioni. Tutti i nostri politici dovrebbero trascorrere un soggiorno lì.

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Perché questo blog

Questo blog è nato per la passione di assaporare, vivere e mettere a frutto esperienze, di cose, di luoghi ma soprattutto di persone, che ho potuto incontrare, percorsi che ho battuto, da solo o insieme ad altra gente.

Sono appassionato di arte, ogni tanto dipingo, “invento” oggetti, qualche cimelio provo a restaurarlo.

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Ho una grande passione per la cucina di territorio e per i prodotti identitari e rispetto chi, senza ipocrisie li tutela, perché sono una grande forma d’arte.

Sono in grado di stilare progetti e strategie di comunicazione integrata, conosco i meccanismi del Marketing Territoriale, perché è lo strumento con cui riuscire a condividere al meglio l’unicità che hanno determinati paesi, luoghi e paesaggi, che spesso visito per meravigliarmi della loro essenza semplice e straordinaria.

Ho redatto progetti importanti che hanno raggiunto gli obiettivi prefissati.

Ho la ferma convinzione che le “identità particolari” siano qualcosa di prezioso da tutelare e proteggere finché saremo in tempo a farlo.

La tecnologia ci da la possibilità di essere tutti più connessi, ma troppo spesso oramai, ci fa dimenticare la sostanza delle piccole cose, dove si cela, viceversa, la bellezza e la forza meravigliosa del racconto.

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