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interno dell'Angolum - la casa dei Pigmei
Angulum, il rifugio dei Pigmei, interno.

Oggi voglio condividere qui un messaggio che mi è stato inviato da un mio amico “rifugiato” a causa del terremoto. 

Il messaggio mi è arrivato per la manifestazione che abbiamo organizzato ad Esanatoglia dal titolo “Siamo tutti RIfugiati” qualche mese fa.

L’autore del pezzo vuole restare anonimo ma ho deciso di pubblicarne il contenuto perché la considerazione che fa merita una profonda riflessione su quanto sta accadendo nelle nostre zone del cratere sismico ed è un ulteriore tassello che avvicenda ogni rifugiato del mondo. Iniziare a rendersi conto che c’è bisogno di una società più equa in grado di rallentare e iniziare a fare le cose che abbiano senso cercando di eliminare il superfluo al di sopra dei concetti estremisti di razza e confini il necessario è garantire un rifugio e dignità a tutti, il resto è superfluo.

“Ciao Marco, tutti gli esseri viventi hanno l’istinto primordiale della ricerca di una tana rifugio, ma di sicuro per noi umani (e forse anche gli animali ma non posso parlare per tutti loro) non esiste solo il rifugio materiale, c’è soprattutto il rifugio sociale, i genitori, la famiglia, gli amici di sempre. 

I nostri rifugi sono i nostri punti di riferimento stabili, e quando si rompono il primo istinto è quello di ripararli e ricostruirli! E se non ci riusciamo ne soffriamo maledettamente. 

Oggi i nostri rifugi sono più rotti che mai, non solo nel nostro caso per il terremoto, ma tutte le famiglie spezzate, quelli che vagano per l’Europa in cerca di lavoro e non rivedono quasi più le loro famiglie di origine, gli amici di sempre, etc etc… il primo istinto sarebbe quello di ricostruire il rifugio rotto e perso, non quello di favorire ancora di più le fughe e le rotture, però si va nel verso opposto. 

Sul piano materiale, per fare un esempio, gli americani col “piano Marshall” dopo la seconda guerra mondiale, decisero di aiutarci a ricostruire il nostro rifugio, non aiutando solamente quelli che scappavano senza guardarsi più indietro anche se probabilmente sarebbe stato più conveniente per loro premiare quelli che meno ci tenevano a ricostruire il proprio rifugio, ma ci si rese conto che avrebbero mantenuto l’Italia e l’Europa più povere, quindi non lo fecero (di sicuro anche per paura dell’URSS). 

Anche col terremoto la scelta più facile sarebbe stata quella che aveva paventato Errani, se fossimo giapponesi non ricostruiremmo più lì, spostare tutti al mare o nelle città sarebbe più semplice. Ma il rifugio sarebbe rimasto rotto e perso per sempre, e la maggior parte delle persone ne avrebbe sofferto maledettamente.”

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