fbpx

Qualche link, un esempio e due considerazioni su come si sta affrontando il momento, pronti a ripartire? Speriamo.

Il 18 maggio è arrivato ma le attività specialmente quelle più piccole, sono pronte? Di cosa avrebbero bisogno?

Fra mille domande e qualche risposta, cercando in rete i vari aspetti di questa ennesima crisi indotta dalla “Pandemia” del CoronaVirus, ho raccolto alcune considerazioni. 

Intanto di seguito vi inserisco il link del Dpcm firmato il 17 Maggio. 

In cammino - Foto di Denise Husted da Pixabay
In cammino - Foto di Denise Husted da Pixabay

Il “Dpcm” entra in vigore da oggi 18 maggio, un tempestivo “cambio di rotta” governativo causato anche dall’estrema crisi economica in cui si è catapultato l’intero Paese. 

Escludendo i vari “rumors” che già a meno di 24 ore dalla firma già dibattono, mi preme sottolineare quanto sia opportuno e doveroso soprattutto in questo momento aggrapparci al senso “etico” per risollevarsi da questa crisi dove la realtà che si sta profilando, vede un crescente e sempre più scoraggiante divario fra le persone e i ceti sociali, ancor prima di quelli lavorativi.

Usciti dal "Lockdown" Pronti a ripartire? - Foto di Henri Van Ham da Pixabay
Usciti dal "Lockdown"down" Pronti a ripartire? - Foto di Henri Van Ham da Pixabay

Partendo da questo presupposto, voglio mettere a disposizione una raccolta di informazioni che spero possano essere utili a chi ha il peso di accollarsi l’incresciosa ripartenza. 
Penso soprattutto ai piccoli locali, le botteghe di artigianato nei piccoli paesi di cui è tempestata tutta la nostra penisola ed “in primis” la regione in cui vivo, le Marche. Pertanto a seguire vi posto anche il link dei decreti firmati in data 16 maggio.

Oltre alla parte informativa, vorrei evidenziare che la situazione è complessa e determinata da molteplici criticità dovute dalla gestione dell’emergenza in senso generale. Purtroppo non si è mai parlato di persone e di classi sociali, ma solo di specifiche classi lavorative.

Considerare le persone invece risulta fondamentale per cercare di capire quale possa essere l’ausilio ed il futuro di quei piccoli locali caratteristici che per apporto di capacità operative, preservazione delle tradizioni del luogo, ricerca storica, e scenografia di paesaggio, oggi hanno più difficoltà nell’affrontare la loro riapertura. 

Silvano ed io in un incontro casuale ...anche per la porchetta, lo scorso anno
Silvano ed io in un incontro casuale ...anche per la porchetta, lo scorso anno

Voglio fare l’esempio estremo del mio amico Silvano Scalzini del “Picciolo di Rame” un locale che si trova a Vestignano, una piccola frazione del paese di Caldarola, borgo medievale ancora provato dalla crisi post sisma. 

Vi metto a seguire il link del racconto che ho fatto di lui tempo fa.

Lo prendo ad esempio non tanto per amicizia quanto per ubicazione e scelta di sostanza ancor prima che d’immagine e stile del locale, che dall’inizio del millennio è stato fulcro di attrazione turistica oltre che stimolo di rinascita per una piccola frazione completamente spopolata già da molto tempo prima degli eventi accaduti nel 2016.
Silvano grazie alla sua caparbietà, al suo continuo impegno nella ricerca di una storicità nella cucina tradizionale, attraverso la proposta di un ambiente fortemente incline ad immergere il visitatore in un’esperienza reale seppur storica, è riuscito a far diventare meta turistica l’intero borghetto prima e dopo il sisma. 

Grazie a lui una località completamente spopolata come Vestignano di Caldarola ha visto la sua rinascita per ben due volte. Spero sinceramente che anche stavolta possa valere il detto “non c’è due senza tre”. Un luogo deserto si è vivacizzato nel pieno equilibrio ambientale, mettendo a sistema i valori narrati in quella piccola osteria divenuta, in breve tempo, motivo di viaggio.  

Distanze - Foto di ElisaRiva da Pixabay
Distanze - Foto di ElisaRiva da Pixabay

Mentre si chiacchierava al telefono, non nascondevamo entrambi un certo timore su come sarebbe potuta essere quest’ultima ripartenza, in termini lavorativi e soprattutto umani. 

Quelli lavorativi, determinati nel suo caso, dall’estrema difficoltà di come adempiere alla normativa delle distanze, visto che il locale riesce ad ospitare al massimo una trentina di persone in tempi normali. Quelli umani invece, di cui posso affermare l’indiscutibilmente determinazione, grazie al senso della misura della sua opera professionale, messa in campo nel corso di quasi un ventennio. In questo senso viene da domandarsi se possa essere inserita in un vero e proprio “settore standard” tipologie di attività particolari ed importanti come questa.

L'interno del "Picciolo" un vecchio frantoio - Foto di Silvano Scalzini
L'interno del "Picciolo" un vecchio frantoio - Foto di Silvano Scalzini

In questi giorni ho letto molto su come sia possibile cercare di andare incontro agli aspetti futuri della crisi, un articolo molto interessante l’ho trovato sul sito del “Gastronauta” di Davide Paolini e riguarda la possibile differenziazione della soglia del “break even point”, cioè l’arrivo al punto di pareggio differenziando durante la giornata le “occasioni di convivialità”. Inserisco il link a seguire.

Tuttavia anche se ho trovato questo articolo come un suggerimento molto utile per le attività site in città, non credo possa essere applicabile per i locali come quello di Silvano, perché è ovvio che, in questo caso, la cena costituisce l’elemento fondante per atmosfera e condizioni irripetibili nel resto della giornata. Pertanto lui come altri, stando alle attuali normative non potrà riaprire per adesso.

Questo aspetto è valido almeno per tutti gli altri locali siti su luoghi isolati come il suo, come ad esempio gli agriturismi. Risulta quindi estremamente necessaria una vicinanza ed un’attenzione particolare delle istituzioni durante questa fase delicata di ritorno alla normalità.  

Queste piccole botteghe di sapori e saperi per “scelta di vita” hanno deciso di abbinare il proprio lavoro ad un senso di utilità sociale, riuscendo a compiere una vera e propria riqualificazione di luoghi altrimenti abbandonati. 

Quindi non possono essere accomunate in “codici di attività standard” perché nel loro lavoro, s’innestano diverse competenze dimostrabili, che riguardano l’accoglienza, la ricerca storica, il marketing territoriale, la managerialità di chef di brigata ed il saper fare cosciente dei cuochi. 

Start - Foto di photogrammer7 da Pixabay
Start - Foto di photogrammer7 da Pixabay

In questo tipo di scommessa, nata dall’intreccio fra rispetto del luogo e la messa a sistema delle proprie competenze, si manifesta il lavoro di questi veri e propri artigiani, che nel caso specifico, sento di annoverare fra gli artisti, ma che, purtroppo, per lo schema di “mercato”, in questo Paese, vengono catalogati ancora come “commercianti”. Ma questo è un altro discorso. 

Spero di essere stato utile, buona ripartenza a tutti.

Commenti di Facebook