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L’identità non è questione di documenti.

L’identità non si raggiunge solo perseguendo la logica imposta dal pensiero unico che sembra dominare tutto e tutti. Non si raggiunge parlando sempre dello stesso argomento.

Tutelare l’identità non è tornare ad essere razzisti, ma viceversa è l’idea di preservare “le piccole realtà particolari” come diceva Pasolini, distrutte dall’omologazione imposta dalla “società dei consumi”.

Un video di Pasolini trovato in rete molto tempo fa e che mi diede uno spunto per scrivere.

Guardiamoci attorno nei piccoli paesi desertificati con l’avvento dei grandi centri di consumo.

Nelle zone dove vivo, ho visto che oramai sono 3 inverni che tutto è rimasto più o meno immobile. Una gestione “post terremoto” che vede ancora tutto fermo o quasi. Casette provvisorie che marciscono, silenzi e paura, chi ci riesce fa come può e per se stesso.

Intanto le piccole identità muoiono, non solo per catastrofi naturali, ma per un sistema che distrugge tradizioni lunghe centinaia di anni, insieme a quelli che non hanno la forza di reagire, sono costretti a trovare altri luoghi in cui vivere dove essere sradicati anche per convenienza volontaria, ma non so fino a che punto sia per volontà propria.

Interi territori presi sempre e solo come mega spot pubblicitari per propagande elettorali permanenti.

Chi persevera e rimane al passo con lo stile di vita dominante, diventa qualcuno, chi non lo è, viene calpestato. Non si accendono mai i riflettori sulla tutela ben fatta di una buona economia locale, si cercano sempre spot su noncuranza e menefreghismo.

E’ per questo che mi hanno molto toccato le parole di Camille Relvas che anche se vive dall’altra parte del mondo, proprio ieri mi ha mandato un suo piccolo scritto che tratta di stile di vita.

Evidentemente non è solo una questione di catastrofi naturali, ma anche e soprattutto, di un’idea totalitaria di gestione economica, politica e sociale.

Camille Relvas, è traduttrice, ha una passione per le scienze sociali e sta raggiungendo l’abilitazione professionale per l’insegnamento della sociologia nei licei brasiliani.

Mi ha mandato queste righe che parlano di stile di vita. Parole che condivido e sono felice di mettere a disposizione di quanti vorranno leggerle. Camille ha già scritto qualcosa per il mio blog in passato (link qui e qui)e trovo molto positivo avere punti di vista comuni anche se si è distanti geograficamente.

Di seguito inserisco il suo scritto.

"Stile di Vita?"

Lo stile di vita, il vecchio ed il nuovo ‘American Way of Life’, è un’offesa alle culture dei differenti soggetti, è cancellare le loro identità. Quell’espressione è mondialista, intenzionale e causa innumerevoli danni.

Nella misura in cui l’individuo non adotta un determinato stile di vita, il così detto: della ‘società dello spettacolo’, lo stesso non è considerato una “buona persona”, addirittura, nemmeno un “buon cittadino”. Quel imperativo è totalitario, con finalità di omogeneizzare i popoli. Il perfetto culto al consumismo, all’individualismo ed all’alienazione.

Togliere la cultura di una persona e/o di un popolo, li rende xenofobi, toglie la possibilità della stranezza e della curiosità costruttiva.

Toglie l’interesse di conoscere realtà diverse e rispettarle.

Toglie l’interesse di assaggiare nuovi colori e sapori, di provare nuovi pensieri ed idee, altri modi di essere e di agire.

Occorre che ciascuno possa riflettere sul perché e com’è assurdo l’abbandono di sé stesso, dimenticando le proprie radici, le proprie origini, le proprie abitudini, la propria cucina, il proprio modo di vestirsi “non imposto dal mercato”, le proprie caratteristiche, anche fisiche, senza modificarle con l’intervento chirurgico che va di moda.

E’ imperativo accettare se stessi. Siamo persone, non merci.

Camille Relvas.

Camille nei pressi di un area archeologica in Italia

Inserisco di seguito anche il testo originale in Portoghese, perché richiamo identitario e segno di rispetto per la sua terra.

"Estilo de vida?"

“Estilo de vida”, o velho e o novo “American Way of Life”, é uma ofensa às culturas dos diversos sujeitos, é roubar suas identidades. Essa expressão é mundialista, intencional e causa inúmeros danos.

Na medida em que tal indivíduo não adota determinado estilo de vida, imperativo, da assim dita: ‘sociedade do espetáculo’, o mesmo não é visto como uma “boa pessoa” ou, até mesmo, um “bom cidadão”. Esses determinismos são totalitários, a fim de homogeneizar os povos. Um perfeito culto ao consumismo, ao individualismo e à alienação de massa.

Tolher a cultura de uma pessoa e/ou povo, faz deles xenófobos, tolhe a possibilidade do estranhamento e curiosidade construtiva. Tolhe o interesse em conhecer realidades diferentes e de respeitá-las. Tolhe, em acréscimo, o interesse em experimentar cores e sabores, de experimentar novos pensamentos e ideias, outros modos de ser, de existir e de agir.

Cabe a cada um, refletir por que e quão absurdo é o abandono de si mesmo, em esquecer as próprias raízes, origens, os próprios costumes, culinária, o modo “fora da moda” de se vestir, as próprias características, que sejam elas físicas, sem modificá-las com o intervento cirúrgico da vez.

Aceite-se. Somos pessoas, não mercadorias.

Camille Relvas.

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