Le storie Sopravissane. In questi ultimi mesi si è parlato spesso dell’altopiano di Macereto. Il suo santuario, le sue genti rimaste, lo spirito di volontà resiliente di quel posto. In quest’anno trascorso dalle botte forti del sisma più violento di sempre, soprattutto per il livello di crudeltà burocratico/istituzionale, ha rischiato di sradicare del tutto, manco fossero erbacce, le persone dai propri luoghi, menefreghismi e passerelle, in questo anno di niente rivestito dal truciolare delle costosissime SAE, rimangono per fortuna le testimonianze di coraggio come Marco Scolastici, pastore tra Macereto e la Tuscia che insieme ad altri come lui, stanno dando dimostrazione di caparbietà, saggezza e salda tenuta della propria identità.
Sorridente, meditabondo, dagli sguardi eloquenti e la saggezza ereditata da chi il tempo non lo rincorre ma lo affianca, sa che va vissuto. Il tempo lui sa come trattarlo, un compagno da affiancare, mai avversario da sconfiggere. Sembra non toccarlo per niente questo momento di notorietà sbandierata sui giornali, lui è quello di sempre; la sua caparbia tranquillità dipinge i tratti di un carattere estremamente affabile ed equilibrato.
La prima cosa che mi porta a visitare è una piccola pineta nascosta nella sua tenuta che si apre su quella magnificenza di sacralità naturalistica, sdraiata, incorniciata dagli appennini più belli e duri, che tiene incastonato dentro al petto il Santuario della Madonna di Macereto, quel posto, dove si narra che un mulo volesse ad ogni costo lasciare l’immagine della Beata Vergine tanto da indurre gli abitanti e la chiesa ad erigerci intorno un tempio cristiano. Oggi, nonostante i danni subiti, ancora è un brillante fra queste alture fantastiche.
Marco mi confida che ultimamente ha iniziato a capire il valore di quella pineta, che è un posto dove riconciliarsi col mondo, in silenzio. Forse anche per questo motivo ha scelto in modo ottimale di proporre una soluzione per le stalle di emergenza fatte in legno di Larice, molto meno “impattanti” ed inutili di quella specie di hangar che riempiono le colline da un po’ di tempo a questa parte.
E’ difficile per me descrivere in maniera adeguata una persona come lui, calma esemplare, saggio nei suoi tratti semplici, un ragazzo di 28 anni circa, da cui apprendere in molti lezioni di maturità, esperienza e cultura del vivere sul serio in armonia con la natura. Non ha mai mostrato eccessi o arrabbiature quando è stato dimenticato in mezzo alla neve quest’inverno, o quando il parco ha velatamente criticato l’eventuale impatto ambientale della tenda yurta con la quale ha potuto presidiare il gregge, oggi è simbolo di resistenza e coraggio. La faglia ha svuotato la sorgente d’acqua per via del terremoto ma nessuna pecora qui è morta, nessun animale si è assiderato, oggi le stalle in costruzione profumano di legno, gli animali quest’anno, grazie di sicuro al suo lavoro potranno rimanere sicuri fra quelle montagne.
Ecco perché è difficile parlare di Marco Scolastici, perché è esempio evidente di ambientalismo fattuale.
Il metodo di ricostruzione delle strutture di copertura per le stalle in legno è stato accettato dagli apparati burocratici e, molti altri piccoli allevatori, stanno seguendo questo esempio. Un ritorno alla vita, la volontà di esserci ancora accanto agli sbalzi d’umore di questa terra, aspra ma stupenda, per questo evidentemente Sibillina.
Verso Ussita incontro un altro esempio di tenacia, una donna, Michela, anche lei attaccata ai suoi animali, insieme al suo compagno Stefano ed ai suoi figli hanno la voglia di riavere una casa insieme ai loro cavalli, i loro bovini e le pecore, anche qui per la maggior parte sopravissane. Stefano mi porta a fare un giro dove a breve spera di vedere le stalle montate. Mi viene d’aggiungere che era ora da un pezzo.
Michela Paris guarda i figli, governa gli animali e studia come riuscire a centrare la possibilità di conquistare una tutela per gli allevamenti e farlo insieme ad altri pastori. Un ragazzo di vicino Sorbo, frazione di Ussita, da dove con tutta probabilità, deriva il nome di questa razza di “sopra Visso”, mi racconta della sua famiglia, di quando era piccolo, i ricordi del nonno, la transumanza fra quelle terre che oggi definiscono come “il cratere”. Mostra delle foto antiche, dove si scorrono paesaggi puliti, ben tenuti, arbusti ripuliti di quel tempo in cui l’uomo viveva a contatto con la natura, ne rispettava i suoi ritmi e non era invasivo come oggi.
Ho visto da questa gente la voglia di ricominciare dalla consapevolezza delle proprie radici, il terremoto li ha scossi dentro, li ha uniti, li ha resi orgogliosi di un passato, di certo povero e faticoso, ma ricco di rispetto verso il mondo. Li ho visti voler ricominciare da qui, con l’obiettivo di tornare a condividere il giusto legame con la natura, desiderosi di far conoscere le origini, rinnovando metodi e tradizioni, coscienti che questo è l’unico metodo per far tornare a vivere l’economia reale di queste montagne.
Esempi di volontà, gente che crede in se stessa, coraggio e grinta, speranze di rinascita.
info: Tenuta Scolastici
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