Oggi è il primo giorno di pensione per un uomo che mi viene difficile da descrivere, perché in questi casi si fa i conti con gli affetti e dividerli dalla funzione pubblica e d’immagine non è facile. Si rischia di sbilanciarsi da una parte o dall’altra, allora cercherò di farlo in maniera molto semplice e di getto.
È doveroso però raccontarne le passioni che lo hanno inevitabilmente spinto ad essere così presente nella comunità locale.
Perché siamo niente se non ci sentiamo prima di tutto comunità. Posso dire con tutta franchezza che questo valore me lo ha trasmesso proprio lui.
Patrizio Gagliardi è prima di tutto una persona equilibratamente passionale, ragionevolmente determinato, nel suo carattere moderato, di estrema onestà intellettuale, qualità più unica che rara nei manager di oggi, la sua carriera professionale, spesso intrecciata con quella politica, lo ha indissolubilmente legato al progresso di tutta la comunità in un settore di valore estremamente identitario.
A mio avviso il suo lavoro professionale e perché no, anche politico lo ha coerentemente portato ad essere il portabandiera di un’agricoltura culturale, che è cresciuta grazie soprattutto alla sua determinazione nell’esplorare nuovi segmenti, diremmo oggi “di mercato”, ma questo è riduttivo, forse, sarebbe più oggettivo usare il termine “trasferimento e condivisione di valori territoriali” propri soprattutto della cultura del “saper fare” che affonda le sue radici con il lavoro in vigna dei tanti agricoltori che oltre 50 anni fa puntarono tutto sulla valorizzazione del patrimonio agricolo e culturale dietro il vessillo del Verdicchio di Matelica DOC.
E’ per questo che il suo lavoro non è mai stato solo quello di referente commerciale, ma consiste da sempre nel trasferimento di valori e saperi tradizionali, i valori aggiunti, che oggi usiamo collegare al “marketing territoriale”, di cui è stato un esempio ante litteram.
È in questo radicamento sul territorio e per il territorio che gli ha fatto raggiungere traguardi importanti, portando il simbolo del Verdicchio e del territorio che questo stile agricolo rappresenta in giro per l’Italia e per il mondo. Mi ricordo un particolare della fine degli anni ottanta quando a Civitanova Marche, (io ero piccolo) insieme a mio padre accadeva che partecipavano alla fiera, all’epoca quello che oggi è un brand abbastanza acclamato, risultava pressoché sconosciuto fuori 50km in linea d’aria.
Da allora ne ha fatta di strada il Verdicchio e con esso l’orgoglio di tutto un territorio che si fa comunità nelle cose ben fatte, che non è e non deve essere motivo di reddito esclusivo, ma prioritariamente condivisione di conoscenze anche arcaiche, di protezione di metodi di lavorazione, qualità delle viti, protezione di elementi di biodiversità che rappresentano e raccontano l’unicità di una comunità di persone, anche di quelle che non bevono.
Un assembramento di tradizioni ordinate in una metodologia di produzione unica perché protetta da una geologia particolare di cui questo maltrattato BelPaese è estremamente variegato.
Oggi Patrizio va in pensione, oggi dopo diversi anni in cui ha esportato l’idea di paese attraverso il suo prodotto d’eccellenza in quasi tutto il mondo, dal Giappone all’America, riuscendo a mantenere, cosa fondamentale, un invidiabile equilibrio nel giusto rapporto di qualità in quella nicchia nobile di vini non inflazionati che sono sempre più rari al giorno d’oggi. E questo è carattere.
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Buona Pensione sei un grande