“Oh la cipolla non ce va!”
Così in una giornata come tante ogni amatriciano fiero della sua ricetta, sua perché ogni cittadino si sente figlio e padrone del suo paese, dei suoi vezzi e dei suoi bijou, regala un ‘dettaglio’ che rende un sapore unico al mondo.
A me forestiero come tanti, mi spiega che l’Amatriciana è quella con spaghetti pomodoro e guanciale…semplice ed unica ricetta come unica la terra da cui proviene ed i suoi abitanti.
Con la schiettezza della naturale volontà di sentirsi parte di una comunità radicata in modo naturale nelle proprie tradizioni. In questi luoghi il brand è un puzzle costruito senza grandi strategie di comunicazione da eccellenze territoriali che ne riflettono anche storia e cultura. A Grisciano, una frazione di Accumoli (che non so come sia ridotta oggi) grazie alla cultura dei pastori che l’hanno propagandato con la transumanza, prende il nome un altro grande piatto dell’italianità nel mondo, la ‘Griscia’ o Amatriciana bianca.
Amatrice…amatriciana… Griscia… Grisciano…ora non possono essere… “…paesi che non ci sono più!”
Perché insieme all’urlo accorato dei sindaci per il terremoto di questa notte, crollano pezzi di una identità italiana, si sbriciolano i sentimenti di tradizioni umane centenarie oltre alle case e ai monumenti.
È sconforto, per qualcosa che difficilmente puoi prevenire, per quei pezzi della storia d’italia che dovrebbero essere valorizzati e resi sempre più accoglienti, non solo per i pretesti gastronomici ma soprattutto per la straordinaria unicità del paesaggio, in perfetto equilibrio tra natura e arte.
Invece crollano sotto le scosse telluriche dei soliti parrucconi in chermesse il giorno dopo la catastrofe, statue di cera che si accorgono che queste piccole comunità locali sono scrigno di valori centrali della identità italiana solo quando cadono, insieme ai pianti accorati delle comunità locali, amministratori compresi, che sempre hanno chiamato attenzioni mai ricevute prima. Ci si attiva per l’emergenza, mentre cadono pezzi di storia per cui si è fatto sempre poco quando si sarebbe potuto. Con Amatrice cade non solo un simbolo culinario come l’amatriciana, ma si rischia di far passare l’idea assurda che queste zone non siano sicure da abitare.
Invece queste comunità, per senso di appartenenza ad un’unicità di paesaggio, artistico e culturale, DEVONO essere ricostruite più belle e solide di prima. Questo evento più degli altri passati, dovrà essere un motivo di slancio per ricordare che la bellezza italiana è unica e, in quanto tale, inestimabile, va tutelata e, se occorre, ricostituita tale e quale, ma più solida di prima e da subito. Perché la tutela e la valorizzazione del paesaggio scavalca ogni logica di potere economico.
Ricostruire immediatamente Amatrice, Accumoli e Arquata vuol dire ricostruire una parte essenziale della bellezza identitaria italiana, non solo gastronomica ma di modello sociale, genuino e identitario, che si avvera nella consistenza pratica delle genti che qui abitano. Importante, non da ultimo, la varietà straordinaria delle particolarità storico artistiche di questi luoghi.
Per quel che vale, il mio pensiero è un abbraccio sincero con l’augurio di tornare ad essere di nuovo la straordinaria comunità di persone che siete stati fino ad oggi.
Paesi che ci sono e rimarranno sempre, meritando il rispetto dovuto per essere autentici custodi d’importanti identità.
5 Responses
http://www.repubblica.it/salute/2016/08/25/news/donare_sangue_terremoto-146599874/?ref=drnh6-2
Grazie molte.
Non appena letto il tuo commento sul mio blog, ho pensato di farti visita. Bello e sentito anche il tuo intervento sul terremoto ed il ricordo di questi piccoli paesi che purtroppo non ci sono più.
Buona serata.
Loredana
Grazie …sinceramente penso che forse il racconto è poca cosa rispetto all’accaduto, forse serve altro ma il rischio di essere inopportuni a volte è molto alto. Quindi piuttosto che rimanere con le mani in mano tanto vale condividere aspetti vissuti in questi luoghi prima della catastrofe
Bella descrizione del luogo. Sarà difficile ma speriamo che ritorni com’era. Prima possibile.