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Benvenuti a Grisciano il paese della pasta alla Griscia

Benvenuti a Grisciano il paese della pasta alla Griscia

Il satellitare sembra essere più curioso di me. Io che dopo un’attacco di adrenalina, appena sentita la scossa, accertato che l’epicentro fosse tra Amatrice e Accumoli, sarei partito. Alle quattro di notte, due ore e più di strada per vedere cosa fosse successo e rendermi utile, in qualche modo. Non l’ho fatto il 24 agosto, ed è stato meglio così perché avrei creato solo impiccio. Oggi però ad una settimana esatta Google map, impostata destinazione ‘casa’, traccia l’itinerario in direzione di Castelluccio di Norcia, con tutta la striscia blu evidenziata sulla statale che collega Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto. Strade che conosco e che faccio spesso, anche e soprattutto senza satellitare, ma oggi no, oggi volevo essere sicuro se fossero possibili altre vie, invece no. Imperterrita, quella riga blu mi diceva di passare in quei luoghi, scossi dalla terra fino a dentro le anime. Mi arrendo e seguo quel laccio digitale. Più mi avvicino al disastro più vedo camionette dei vigili del fuoco, carabinieri e mezzi di soccorso vari e, non pochi, automezzi dell’esercito. Tre quarti della protezione civile nazionale si è radunata in queste zone per il soccorso. La parte buona d’Italia. Un nastro giallo dietro ad una pattuglia chiude l’ingresso al paese di Amatrice, pochi metri prima il cartellone in basso rilievo, che è quasi una scultura di metallo, evidenzia tutte le sue parti arrugginite a cui la settimana prima non facevi caso, ma oggi si, oggi solo le parti brutte sembrano far da sfondo alla scritta “Benvenuti nelle Terre Amatriciane”. Dietro il cielo plumbeo, sta per piovere. Continuo, oggi fra l’altro ci sono i funerali delle vittime, il sindaco ha deciso di celebrare qui le esequie, la gente -“è morta perché amava questa terra!”- ha detto. Nonostante i tantissimi mezzi che vedo in strada, il traffico è regolare, passo Amatrice e scorgo qualche casa, ma più che altro ci sono tende di fianco a case incrinate o aperte a formare cornici che sembrano surreali, ma che, purtroppo, rappresentano il tremendo ritratto dell’accaduto. Continuo e a sinistra scorgo il centro storico di un paese che ricordavo diverso, con altri palazzi e campanili, oggi più basso, nascosto, quasi disteso fra la vegetazione che sale da sotto la collina. È Accumoli. Più avanti, una semi curva, una diretta e una fila di auto parcheggiate; qualche segnale stradale si alterna chiamando il pericolo o i lavori in corso. Quella fila di auto ha l’aspetto di quei codoni dei parcheggi che si formano quando ci stanno le sagre di paese, ma qui non scendono famigliole allegre, solo silenzio, assordante. Uno striscione appeso di fianco ad una casina sventrata recita: “Benvenuti a Grisciano, paese della pasta alla Griscia”, una ricetta che è mamma della famosa e oggi troppo speculata amatriciana. Dietro solo case vuote e pericolanti. Poco oltre, l’unico ristorante, “La vecchia ruota” dove un paio di volte mi sono fermato quando per lavoro sono stato in questi posti, è quasi coperto dalle tende blu e bianche dalla protezione civile. Il giardinetto, il campo e il parcheggio sono gli spazi per gli sfollati. Lungo il margine della strada riconosco sotto al casco di sicurezza la barba del proprietario, ci si incrociano gli sguardi, come a dire, noi ci conosciamo. Faccio cento metri pensando, vado oltre poi inchiodo, ci ripenso, torno indietro, mi fermo appresso ad una delle macchine parcheggiate come alle sagre, scendo gli vado incontro, mi sorride, contento, ho avuto un presentimento giusto. Se avessi continuato, sarei stato solo un egoista.

Gli chiedo -‘come stai?’- mi risponde -‘da sfollato ma io sto bene! Qui solo un morto c’è stato!’ – ‘La tua famiglia?’- ‘Babbo quarant’anni fa ha fatto le cose per bene, ci lavorava, il tetto è in travi di legno, la struttura ha qualche crepa, adesso è inagibile ma non è crollata. La notte del terremoto, ho aperto la porta con una spallata, sono andato ad aprire ai miei. Siamo usciti. Adesso fanno i sopralluoghi. Ma siamo vivi.’ – chiedo – ‘il ristorante?- mi risponde -‘sta li, vedi? Intorno alle tende, io vorrei aprire ma dicono che non è sicuro finché non finiscono i sopralluoghi!’

A questo punto penso alle facce patinate col bronzo di tutti i grandi chef che fanno l’amatriciana solidale per avere visibilità, che se poi magari gli chiedi una Griscia potrebbero anche morire di panico e vedo Giampiero che sta li, a Grisciano, il paese da dove è nata questa ricetta semplice e tosta come la transumanza dei pastori, gente che quella terra l’ha percorsa, rendendo famoso nel mondo questo must della cucina italiana, vedo lui che sta lì col casco da speleologo, nella speranza che finisca quest’incubo. Lui ha l’unico ristorante proprio a Grisciano paese, ci sono stato prima del sisma, spendi meno di venti euro per un menù completo, se prendi solo una Griscia acqua e vino, magari manco arrivi a dieci. Ne parlavamo lo scorso anno, “come mai ‘sta frazione ha solo te?”, gli chiesi con la mia solita faccia da c…, mi rispose che non c’erano frotte di turisti per la Griscia e che la storia di questo piatto andrebbe comunicata meglio. “Magari vanno da Cracco e compagnia bella…”, dico tra me e me, pensando alle lezioni di marketing territoriale di Carlo Cambi, del mio vecchio lavoro e poi inizio a vedere chiari i motivi per cui la vecchia cooperativa dei “promotori del territorio” abbia chiuso. Seguivamo solo un sogno che, come tale, non avrebbe retto contro tutta questa ipocrisia, ma questa è un’altra storia. Oggi in mezzo alle macerie vedo lucidi gli occhi di Giampiero ma pieni della voglia di rialzarsi, vorrei dirgli che quello che sta facendo vale più di mille euro a Griscia se servita da lui, che la sua riapertura vorrebbe dire tutelare proponendo nel suo luogo di origine un bene culturale ancora prima di un piatto, vorrei dirgli che siamo un paese di pecore, per cui potrebbe fare tranquillamente a meno di metterci il pecorino sulla Griscia. Invece mi taccio e lo saluto con uno scambio di sguardi e un sommesso in bocca al lupo.

info: La Vecchia Ruota

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Perché questo blog

Questo blog è nato per la passione di assaporare, vivere e mettere a frutto esperienze, di cose, di luoghi ma soprattutto di persone, che ho potuto incontrare, percorsi che ho battuto, da solo o insieme ad altra gente.

Sono appassionato di arte, ogni tanto dipingo, “invento” oggetti, qualche cimelio provo a restaurarlo.

La mia passione grande che provo a condividere in questo blog, è quella del racconto anche attraverso le immagini.

Ho una grande passione per la cucina di territorio e per i prodotti identitari e rispetto chi, senza ipocrisie li tutela, perché sono una grande forma d’arte.

Sono in grado di stilare progetti e strategie di comunicazione integrata, conosco i meccanismi del Marketing Territoriale, perché è lo strumento con cui riuscire a condividere al meglio l’unicità che hanno determinati paesi, luoghi e paesaggi, che spesso visito per meravigliarmi della loro essenza semplice e straordinaria.

Ho redatto progetti importanti che hanno raggiunto gli obiettivi prefissati.

Ho la ferma convinzione che le “identità particolari” siano qualcosa di prezioso da tutelare e proteggere finché saremo in tempo a farlo.

La tecnologia ci da la possibilità di essere tutti più connessi, ma troppo spesso oramai, ci fa dimenticare la sostanza delle piccole cose, dove si cela, viceversa, la bellezza e la forza meravigliosa del racconto.

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