La Philadelphia del giardino magico. Stavo notando che da quando la terra trema, non scrivo più di altro. Stavolta no e voglio raccontare un bel ricordo, fatto soprattutto di un incontro importante.
Quando nella semplicità trovi la grandezza di chi fa del suo pensiero un modo di vivere e condividere con gli altri, qualcosa di inestimabile che fa vibrare le corde della sensibilità, un messaggio di alto valore artistico e simbolico, da chi sa costruire la sua vita comunicando arte e manualità, lasciandoti dentro un modo in più per dare un senso alle cose.
Per quanti lo troveranno utile, il racconto delle magie di Isaiah nell’America Trumpiana.
Uno dei momenti più creativi del viaggio a Philadelphia è stato senza dubbio nel posto dei sogni di Isaiah Zagar, nel suo Magic Garden. Ormai un’attrazione di arte contemporanea tra le più importanti di Pennsylvania e degli Stati Uniti, il sogno di Isaiah nasce negli anni sessanta, guarda caso un momento di estrema creatività mondiale.
Il ‘giardino’ però viene alla luce negli anni novanta. Tuttavia il suo espandersi e modificarsi ancora non è concluso, e non finirà mai. Come ogni sogno, o come ogni pensiero, si evolve e continua a migliorare ed integrare la sua condizione artistica fatta di quella volontà, a tratti estrema, di dare uno spazio, un significato ed un’espressione a cose nate con una finalità del tutto diversa. Come la vita, anche le opere d’arte del giardino di Filadelfia, mutano e si evolvono, esprimono concetti astratti e fantasticamente reali. Il pensiero che tenta di materializzarsi in quegli oggetti inseriti sui muri, miriadi di racconti, catene infinite di emozioni.
Oggetti riciclati, cocci e bottiglie, ruote di biciclette e vecchie mattonelle, bambole in terracotta
e cianfrusaglie, cose che non avrebbero più senso per la maggior parte di noi consumatori contemporanei, attenti a guardare il mondo con cli occhi smarriti di chi corre senza motivo, cose da buttare, oggetti anch’essi smarriti, che riprendono significato e si coordinano in sinfonie di colori e movimenti soavi, riescono a raccontare storie e suscitare emozioni grazie al genio di un “compositore” ricco di motivazioni. Le tante piccole cose che, armonizzate insieme, mutano in armoniosi costrutti di bellezza. Aver visitato un posto così, immergermi dentro questa esplosione artistica, in un periodo particolare ed eccessivamente povero di fantasia, ed averlo fatto a pochi giorni dalla fine di una delle campagne elettorali più brutte della storia contemporanea, è stato strabiliante, mi ha fatto capire quanto l’America sia ricca di contrasti, e, quanto l’arte riesca ancora ad esprimere sostanza creativa, ribaltando l’idea collettiva degli “states” come la terra dell’immagine prima di tutto.
Di sicuro Isaia è uno di quei personaggi che riescono a raccontare se stessi anche solo con due parole e uno sguardo. Ad essere sincero, questa volta ho rimpianto il mio inglese “sufficiente” perché avrei voluto parlarci di più con lui. L’ironia con cui ha salutato il mio essere italiano, pronunciando sorridente, in accento anglosassone “Michelangelo, Raffaello…”, oltre alla calma accogliente con cui ha sintetizzato il suo giardino, mi ha fatto capire che anche in America esiste qualcuno che riesce a far riflettere l’uomo a stimolare le sue corde del pensiero, cosa che lo rende unico e diverso, libero da schemi che ne condizionano l’esistenza, sminuendone la sua stessa essenza, fino a chiuderlo nella gabbia dorata del consumatore frustrato. La vista del Magic Garden è la porta aperta a quella gabbia, un respiro dell’arte.
Un raro luogo del pensiero quello di Isaiah che insieme a sua moglie Giulia, anno dopo anno, sta costruendo un posto dove far germogliare il pensiero dell’anima. Philadelphia è il luogo giusto per accogliere chi semina sogni, la città di Benjamin Franklin, l’inventore e lo scienziato, un uomo di profonda conoscenza, fondamentale padre fondatore dei primi 13 Stati Uniti che, non a caso, firmarono i documenti più importanti della loro indipendenza, proprio in questa città. Anche per questo, il ‘Giardino magico’ di Isaiah e Giulia non poteva trovare posto più adeguato dove sbocciare.
“I built this sanctuary to be inhabited by my ideas & my fantasies”
Credo che tutti dovremmo immaginare un luogo dove far abitare le nostre idee e i nostri sogni.
link utili: Magic Gardens, Isaiah Zagar
11 Responses
Condivido tutto,bravo e complimenti
Grazieeee 🙂
Caspita che cosa interessante! Ma come hai fatto ad avvicinarlo?
È un artista fenomenale perché umile e gran parte della sua grandezza sta proprio nel suo essere così aperto alla gente!
Post molto interessante. Bellissima la chiusa!
Grazie mille, sono contento!
🙂
Che dire se non … wow! Bello. 😉
Grazie sei gentile!
[…] aspetti la farm di Favara mi ha ricordato l’esperienza di Isaiah Zagar (di cui ho scritto qui) e del suo giardino magico a Philadelphia. Per Favara la sua “fattoria” è già molto […]
[…] La foto mi è stata scattata nel Giardino Magico di Philadelphia (link al sito internet), ci sono stato nel 2016, lì c’è un artista, Isaiah Zagar che di sogni se ne […]