Tagliolini con la colatura di alici, a metà tra Matelica e Cetara. Qualcuno mi ha chiesto di postare una ricetta. Giusto l’altra sera ne ho reinventata una dopo essere tornato dalla costiera amalfitana. Ho visitato Cetara, magari in un prossimo pezzo racconto anche le tante cose interessanti che ho visto in quelle zone. In questo pezzo invece racconto come ho cercato di reinterpretare e coniugare i gusti di due zone d’Italia, Cetara e Matelica. Non esistono motivazioni storiche o particolari, li accosto solo perché in un posto ci vivo, mentre l’altro è davvero affascinante. Gli ingredienti sono semplici e facilmente reperibili, forse la colatura di alici se non siete di Cetara avrete difficoltà a reperirla anche se si trova su internet, comunque io l’ho presa sul posto, e comunque qualche negozio specializzato la tiene anche in altre zone fuori dalla “Costiera”. Apparte questo ho utilizzato una pasta lunga all’uovo, di solito a casa mi preparo da solo le tagliatelle ma siccome ho promesso facilità, ho utilizzato le caserecce all’uovo Mosconi, per due motivi, buon rapporto qualità prezzo, soprattutto per la loro rugosità, aggrappano molto bene il sapore del sugo e poi sono matelicesi. Poi ho usato pomodorini freschi, meglio se Pachino, germogli di Vitalbe o Viticchi, rubati dietro la fratta della Tipografia Francia, che poi, siccome lì sono terminati perché li ho presi tutti io, vi posto la foto così potete raccoglierli dove volete senza disturbare il tipografo, che lui deve stampare. Poi occorre, l’olio extravergine di oliva, possibilmente italiano e di produttore fidato, peperoncino fresco, se diavolicchio calabrese o jalapeno meglio ancora; il peperoncino non deve essere estremamente piccante, altrimenti rovinate tutto. Alla fine deve venire fuori un piatto delicato e le sfumature di sapore, se si eccede in piccantezza, se ne andrebbero a quel paese. Non da ultimo, il prezzemolo e, appunto, queste vitalbe.
A proposito, per chi non avesse ancora capito che cosa siano questi strani germogli, chiedete ai vostri genitori o comunque a qualcuno che era adolescente tra gli anni 60 e 70, fate proprio questa domanda “dove stanno le (“vitalle” – per quelli del centro Italia) piante rampicanti (per gli altri) che vi fumavate?”.
Sono sicuro che in questo modo non avrete problemi a riconoscerle, tra l’altro sono buone anche nella frittata, mentre la parte del tronchetto era utile per l’altro scopo sessantottino… Tornando alla ricetta, ho utilizzato anche qualche mandorla e una schiacciata di un forno locale.
Adesso che avete l’occorrente togliete l’animella all’aglio, tagliatelo a pezzettini e fatelo soffriggere a fuoco bassissimo con l’olio, nel frattempo mettete a bollire l’acqua senza salarla. Tagliate a pezzetti o a spicchi i pomodorini e appena inizia a soffriggere l’aglio aggiungeteli insieme al trito di prezzemolo e viticchi per 4 o 5 minuti, il tempo di cottura della pasta che nel frattempo avrete gettato in pentola perché l’acqua è arrivata a bollitura.
Scolate la pasta e fatela saltare nella padella calda non più di un minuto, se occorre aggiungete acqua di cottura. Mi raccomando aggiungete la colatura di alici solo alla fine, senza fuoco sotto la padella perché “altrimenti il sapore del mare se ne scappa” come dicono a Cetara. Alla fine si può aggiungere la sbriciolatura grossolana di mandorle e la schiacciata del forno. Un filo di olio a crudo che sta sempre bene e buon appetito.
Di vino io ho bevuto un rosso Canovaccio dell’azienda agricola Colpaola, che è stata una piacevole scoperta, ma andrebbe benissimo un verdicchio o un buon bianco campano non eccessivamente corposo, e soprattutto che sia fatto… solo …con l’uva.
Per questo pezzo ringrazio Gianluca D’uva ed il suo chef Stefano Cavaliere un grandissimo in bocca a lupo per la nuova bottega del gusto ‘Alici come prima’ proprio a Cetara, hanno aperto solo da qualche giorno. Bravi e simpaticissimi i loro spaghettoni alla colatura coi taralli quaresimali e cavolfiori, mi hanno ispirato il pezzo.
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